da un articolo di Giuseppe Mancuso pubblicato su "La meridiana di Casteldaccia"
Il
Carnevale è quel periodo di festa che segue l'epifania e precede la
quaresima cristiana, caratterizzato da momenti di euforia, balli e
mascherate di ogni genere e tipo, culminante nel giovedì grasso e nel
successivo martedì grasso. La sua origine è molto lontana e spesso la si
identifica come lascito dei famosi Saturnali (che cominciavano già nel
mese di dicembre).
Certamente
le usanze dei giorni dedicati al Carnevale ci lasciano bene intendere
che si tratta di attimi di liberazione in cui ogni uomo, discendendo ad
uno stato svincolato da ogni regola e canone, ha l'opportunità di dare
sfogo ai suoi istinti prima di rientrare nella sobria atmosfera
penitenziale della quaresima. Tali riti culminano poi con il famoso atto
finale del rogo di Carnevale, interpretato nelle diverse varianti
locali in cui esso viene messo in scena: muore l'uomo vecchio e stanco,
portando con se le tristezze ed i mali, per dare spazio ad un essere, in
tal senso, rinnovato.
In
Italia possiamo vantare numerose maniere di festeggiare il Carnevale:
l'antico carnevale di Venezia, il carnevale di Firenze, Torino,
Viareggio, Termini Imerese, solo per citarne alcuni. Nel '500 i gesuiti
istituirono il Carnevale Santificato (caratterizzato da pratiche
devozionali) per contrastare le stravaganze e le licenze di quei giorni.
Anche Casteldaccia, nel suo piccolo ambito locale, vanta una tradizione
carnevalesca lunga circa cento anni (e forse pià¹, ma purtroppo non
rimane alcuna testimonianza).
A
detta degli antichi il Carnevale era il momento in cui la "famiglia" e
il "vicinato" si stringevano attorno a se stessi, trascorrendo i tardi
pomeriggi e le serate ballando e "scialando" liberamente. Le case dei
popolani si aprivano agli invitati ai balli: si spostava al muro la
scarsa mobilia (un tavolo e qualche sedia al massimo), si coprivano le
pareti con mappine (strofinacci) se queste presentavano oggetti
che non era bello mettere in mostra (colapasta, portastoviglie e
quant'altro), si attaccava il "grammofono" o il "giradischi" (per chi ne
possedeva uno) con mazurche, tanghi, valzer e tarantelle e ci si
lanciava nel pieno del baccano.
Il
Carnevale era la massima espressione della calorosa ospitalità che
caratterizza da sempre il popolo casteldaccese, infatti, oltre ai paisanisi era soliti invitare pure i scirani (estranei)
cioè la gente dei paesi vicini. Esso aveva inizio subito dopo
l'epifania e i "balli" si organizzavano nei giorni di sabato e domenica
delle settimane poste tra la fine delle festività natalizie ed il
mercoledì delle ceneri: a questi giorni si aggiungevano gli ultimi
giovedì di febbraio, il giovedì grasso e il martedì grasso. Oltre alle
case private, messe a disposizione per l'occorrenza, venivano allestiti a
festa i "magazzini" con festoni e ghirlande (da noi casteldaccesi
identificati con la parola majiaseni o saloni, luogo in
cui si esegue musica). I giovani erano soliti vestirsi in maschera (i
mascarati) e visitare i diversi luoghi di ballo rallegrando i presenti.
E' doveroso sottolineare che i costumi dei mascarati non
erano composti da maschere ufficiali ma da semplici stracci indossati
malamente o sottane, scialli, vecchie gonne... rimaneva l'obiettivo
comune di rendersi irriconoscibili. Essi non si spostavano per le vie
del paese da soli ma dovevano rigorosamente essere affiancati dal vastuniere,
(persona in abiti civili chiamato in tale modo perchè teneva un bastone
in mano) che aveva anche il ruolo di presentarle all'interno dei sà¹oni:
egli, riconoscibile, garantiva l'integrità di coloro che invece erano
irriconoscibili. Le serate erano scandite dalla musica ballabile, da
fugaci schiticchi e, perchè no, da furtivi incontri d'amore: il carnevale infatti era l'occasione per potersi zitare (farsi
fidanzati), occasione che doveva apparire unica per le ragazze avanti
negli anni. Ogni famiglia metteva a disposizione qualche burnìa (barattolo)
di sarde salate oppure olive salate, pomodori secchi, formaggio e pane;
qualche altro portava del buon vino rosso, che non doveva assolutamente
mancare, in quanto un generoso bicchiere veniva sempre offerto al vastuniere della serata.
Erano
gli anni in cui gli uomini ballavano con gli uomini e le donne con le
donne, anche se il Carnevale era pure l'occasione in cui i giovani
potevano avvicinarsi alle ragazze senza incorrere in calorose bastonate.
Erano gli anni in cui molti giovani, per necessità economica o
familiare durante quelle notti sceglievano la fuitina. La
tradizione del Carnevale trovava la sua massima espressione, dunque, nel
genuino sentimento di stare assieme, di fare comunità , di ritrovarsi.
E'
doveroso citare, a questo punto la famiglia Clemente nelle persone di
Giovanni Clemente (classe 1877) prima e il nipote Giuseppe Clemente
(1905) dopo che con il loro buon umore, il loro instancabile spirito
gioioso e festaiolo riuscivano a trascinare l'intero paese nei
divertimenti di Carnevale. E fu grazie all'interesse della famiglia
Clemente che già subito dopo la II guerra mondiale si organizzarono le
prime sfilate di carri e gruppi in maschera (le carruzzate).
Discorrendo con la figlia di Giuseppe Clemente, Giovanna, abbiamo
appurato che tali manifestazioni si svolgevano già negli anni '20 e
'30, ma non rimane testimonianza alcuna.
Gli
anni '50 vedono un interesse crescente per il Carnevale, di pari passo
con la ricostruzione che caratterizza il dopoguerra (numerose sono le
foto e i ricordi dei discendenti Clemente, unico punto di riferimento);
degli anni '60 e '70 sappiamo che prosegue la tradizione dei majaseni e delle carruzzate.
Negli ultimi anni '70 si interrompe la tradizionale sfilata dei carri
per poi essere riproposta negli anni '80 dalla cooperativa "La Riviera":
sono gli anni in cui il fervore carnevalesco torna ad essere alimentato
sempre da alcuni membri della famiglia Clemente, dalle sceneggiate di
Mastro Rosario Clemente e Nino Guttilla, dalle abbanniate che annunziavano i giorni culminanti della festa con la sfilata dei carri, ora elaborati anche da congegni meccanici.
E'
curioso ricordare che il mercoledì delle ceneri, inizio della quaresima
cristiana, per i casteldaccesi corrispondeva all' ultimo giorno di
Carnevale in cui era possibile recarsi in campagna per scialareliberamente
fra salsiccia e vino (fatto rintracciabile nell'antichissima tradizione
in cui i contadini si permettevano l'ultima abbuffata prima della
quaresima): tale "pagana" abitudine è stata fortemente contrastata
dall'attuale parroco Don Leonardo Ricotta e le sue tracce si sono perse
già da un decennio.
Gli anni '90 sono caratterizzati dal progressivo sfaldamento della tradizione casteldaccese: cominciano a distinguersi i majaseni in
cui ballano le famiglie, da quelli in cui si incontrano solo masse di
giovani al suono di musica dance. Questi ultimi prevarranno sul passato
ormai lontano e scandiranno un nuovo modo di fare Carnevale: poco
liscio, molta confusione, assenza di comunità .
Numerosi
sono stati i tentativi da parte della pubblica amministrazione di
incoraggiare e sostenere economicamente l'organizzazione del Carnevale a
Casteldaccia. Ma, malgrado gli sforzi lodevoli, non si puಠfare a meno
di evidenziare il dato di fatto: non siamo riusciti a conservare lo
spirito originario della nostra festa in quanto il vano progresso degli
ultimi anni, anche a Casteldaccia, ha portato con sè il triste
svuotamento da ogni valore, venendo a mancare la dimensione piccola e
calorosa del vicinato e dello stretto parentado.
E'
necessaria una nuova impostazione logica nell'organizzare la festa, una
prospettiva imprenditoriale, seguendo l'esempio di tanti paesi della
Sicilia che sono riusciti a far rivivere la loro tradizione in chiave
turistica e dunque economica. E' necessario l'investimento in scuole
preparatorie delle arti plastiche e costumistiche, e anche un
atteggiamento propositivo e attivo da parte di tutti i casteldaccesi, se
il fine comune è il mantenimento di tale manifestazione. Al contrario,
lasceremo soltanto il ricordo di un Carnevale semplice, antico ma pur
sempre sentito e fortemente corrisposto dalla spontaneità popolare.
http://www.casteldaccia.net/
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