Un pò di storia

dalle origini...

Nel 1737 il marchese Vincenzo Ignazio Abbate di Lungarini acquista, "per onze 2.400" e un canone annuo ammontante ad ulteriori dodici onze, il territorio denominato Castellazzo che diventerà comune, autonomo, grazie ad un regio decreto, nel 1854.

Si narra che il marchese di Lungarini avrebbe voluto fondare nel feudo appena acquistato un nuovo paese ma l’animoso vicino di Altavilla cercò di ostacolarlo facendo opposizione presso l'autorità regia con riferimento ad una particolare legge del tempo. Allora il Lungarini per rabbonire i1 vicino marchese gli concesse l'acqua del suo fondo Naurra, per la qual cosa già erano avvenute precedenti trattative, potendo così più facilmente ottenere la licenza regia occorrente.

Il primo nucleo abitativo si dispose attorno ai tre lati della torre-castello di piazza Matrice. Erano modeste abitazioni contadine, da lì il nome "Casuzzi". Aumentando poi sempre più la popolazione ed essendo divenuta insufficiente la chiesetta del Rosario attigua al castello, il marchese di Lungarini pensò bene di far erigere una chiesa che fu ultimata nel 1746.

La data è incisa nell'iscrizione dello stemma della famiglia Lungarini posto all'interno della chiesa sotto la grande finestra centrale.

La chiesa è in stile neoclassico, ha una sola navata centrale e ultimamente ha subìto il suo primo restauro strutturale nella copertura della volta e nella facciata sia frontale che laterale.

Ma se questa è la storia del primo nucleo del paese non è detto che prima del settecento non vi fossero tracce di insediamenti in zona.

Da uno studio dello storico Nino Morreale (che si è avvalso di vari documenti, di cui il primo risalente al 1143), si evince che un insediamento islamico e successivamente normanno era presente nella zona a monte del paese: la contrada Ciandro.

Vi sorgeva un casale in cui si produceva il vino nientemeno che per la Cappella Palatina al tempo di re Ruggero II.
Sempre in riferimento alla stessa zona Giuseppe Vallardi nel suo "Itinerario d'Italia" parla di una scoperta archeologica fatta da Gabriele Cusimano nel suo podere in contrada Ciandro "ove si trovarono in grandissimo numero sepolture con coperchi ad iscrizioni a mosaico e contenenti scheletri di gran mole, piccoli vasi, mobili e monete bizan¬tine e romane". Il Cusimano però non capì il valore della propria scoperta e, rotte tutte le urne e usati i cocci per la costruzione di un piccolo podere decise di vendere a un antiquato di Palermo per pochi spiccioli le monete. Per cui nulla è rimasto della preziosa scoperta.


...ai giorni nostri


Anche nella storia risorgimentale Casteldaccia ha avuto la sua parte.

Quando nel 1848 Palermo insorse contro i Borboni un drappello di soldati regi si recò a Casteldaccia. L' alfiere che stava al comando dei soldati sventolando una pezzuola bianca chiese delle vettovaglie ai paesani che nel frattempo si erano asserragliati dentro le case. Ma sentendosi rispondere che non c'era pane per i nemici la guarnigione si diresse verso le spiagge del paese dove stavano ad attende¬re alcune navi.

I soldati stavano quasi per imbarcarsi, quando alcuni animosi paesani cominciarono, dall'altura del cozzo del canapè, a fare fuoco con dei fucili.

Dapprima sorpresi, i soldati regi allora riportarono a terra uno dei cannoni già imbarcato e risalirono per il paese. Vi fu un'aspra battaglia che, tra l'altro, diroccando un angolo della casa del cav. Giuseppe Abbate di Lungarini, asportò - come ci racconta il Vallardi - la testa di un tale Pedone che sparava incessantemente da lì. Ma fece anche altre vittime poiché i soldati ridiscesero in spiaggia solo a tarda notte e non prima di avere arrecato danni all'abitato e alle persone.

La presenza delle famiglie Abbate Lungarini e Alliata è stata molto importante nella storia, anche economica, del paese.

Le due famiglie uniscono poi le proprie sorti grazie ad un matrimonio tra Felicita Lo Faso nipote di Ignazio Abate e il Duca Eduoardo che lega il proprio destino alla nascita della prestigiosa azienda enologica Corvo che prende il nome dall'omonima contrada casteldaccese.

Nel 1828 il Duca Edoardo fece venire infatti un insigne enologo dalla Francia per razionalizzare i sistemi di vinificazione e commercio.

Quello fu l'avvio dell'azienda enologica.

Casteldaccia inoltre è nei ricordi (ne è testimonianza anche un racconto epistolare ambientato nel paese) della scrittrice Dacia Maraini, discendente del duca di Salaparuta, che cita il paese anche nel suo noto romanzo "Bagheria".

Intorno agli anni trenta di questo secolo sorgono le ville in stile liberty sulla collina di fronte al mare in una zona del paese destinata però a restare tagliata fuori dal centro urbano anche a causa del pas¬saggio dell'autostrada.

Di proprietà della borghésia palermitana sono quasi tutte opera di un unico capomastro casteldaccese: Giuseppe Bucalo.

Successivamente il paese comincia ad espandersi verso l'interno, sorgono nuovi quartieri: negli anni `50 e`60 nasce il rione Girato-Bonaccolto negli anni `70 il rione Olivuzza, negli anni `80 si amplia il quartiere Nutricato, così chiamato anticamente perché vi si nutrivano i bachi da seta, e negli anni `90, in maniera alquanto disordinata, sorge il quartiere Orestagno-Cutelli. Mentre la costa purtroppo viene interessata da un abusivismo edilizio selvaggio che ne lascia ben poco alla fruizione pubblica.

Tra gli artisti che hanno legato il loro nome in questo paese si ricordano lo scultore Pietro Piraino (1878-1950) e il poeta Elvezio Petix (1912-1976).

Testi tratti dal Calendario di Casteldaccia 2004

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www.casteldaccia.net

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